Breve storia del Karate – quinta parte

Breve storia del Karate - quinta parte

Il Karate nel sistema educativo di Okinawa

di Marco Forti

Gli abitanti di Okinawa divennero Giapponesi con l’abolizione del regno delle Ryukyu e la costituzione della prefettura di Okinawa.

Gli Okinawensi nonostante le disparità di trattamento si sforzavano di divenire buoni cittadini giapponesi contribuendo in qualche modo alla loro “nuova nazione”: l’impero militaristico e nazionalistico giapponese.

Molti maestri di karate cercarono di supportare questa visione a modo loro.

In quel periodo le scuole erano percepite come parte integrante del percorso per la preparazione militare poiché i bambini che le frequentavano sarebbero divenuti i soldati del futuro.

Se il karate fosse entrato a far parte del sistema scolastico sarebbe diventato parte dell’apparato ideologico per la mobilizzazione bellica. In questo modo un prodotto culturale di Okinawa avrebbe supportato la nazione.

Il primo interesse dimostrato dal Giappone per l’arte di Okinawa fu durante una campagna di arruolamento nel 1891. Nel corso delle visite mediche due reclute okinawensi – Kentsu Yabu e Chomo Hanashiro – vennero notati perché in condizioni fisiche eccezionali.

Dopo aver saputo che erano entrambi praticanti di Tode l’esercito iniziò ad interessarsi all’arte di Okinawa per valutarne la funzionalità alla preparazione bellica.

Vi furono diverse ragioni per cui il Tode venne ritenuto non conforme agli scopi, in particolare i metodi di allenamento non erano standardizzati e quindi non pratici per l’istruzione militare ed erano necessari tempi troppo lunghi per raggiungere un sufficiente livello di efficacia.

All’alba del ventesimo secolo, un gruppo di praticanti promosse una campagna per favorire l’entrata del Karate nel sistema scolastico di Okinawa, consapevole che la pratica del Karate avrebbe promosso la salute del corpo, il miglioramento del carattere e la maggior produttività degli studenti al loro ingresso nella società giapponese.

Al contrario di quel che si crede il Tode non era stato sviluppato dai contadini (che, come già ricordato, erano impegnati in attività legate alla sopravvivenza e al sostentamento della comunità) ma era appannaggio delle classi elitarie di Okinawa costituendone addirittura un simbolo.

I praticanti di questa arte marziale provenivano pertanto da un ambiente colto e ben educato.

Molti di loro dimostravano interesse in materie educative; tra loro spiccava una figura di grande rilievo: Anko Itosu.

Anko Itosu (1831-1915), nato da una famiglia di nobili funzionari, apparteneva al rango degli shizoku. Studiò con il maestro più illustre di quel periodo, Sokon “Bushi” Matsumura.

Secondo Choki Motobu(1), Matsumura non sarebbe stato troppo entusiasta dell’allenamento di Itosu, eccessivamente basato sull’irrobustimento del corpo: ne plaudiva la tenacia, ma ne biasimava la lentezza nei movimenti.

Itosu avrebbe allora lasciato Matsumura per allenarsi con Nagahama di Naha, anch’egli fautore del rafforzamento estremo del corpo. In punto di morte però Nagahama avrebbe confidato ad Itosu di non considerare più corretto quel tipo di allenamento, consigliandogli di tornare ad allenarsi da Matsumura.

I battibecchi tra i due continuarono; Chosin Chibana, discepolo di Itosu, testimonia questo ammonimento di Matsumura ad Itosu: “col tuo pugno puoi abbattere ogni cosa, ma non puoi arrivare a colpirmi”.

Anche a livello tecnico le idee tra i due erano differenti: un giorno Choki Motobu si recò da Matsumura per chiedere delucidazioni sulla posizione di gambe del kata Naihanchi, che Itosu praticava con le punte dei piedi rivolte verso l’interno. Matsumura disse a Motobu che questa era una innovazione di Itosu, che lui non condivideva e che anzi considerava dannosa.

Tra i suoi maestri risultano anche Kosaku Matsumora di Tomari ed un maestro chiamato Gusukuma.

La presenza nel curriculum di Itosu di kata provenienti da aree diverse è la testimonianza della sua esperienza con i diversi stili di karate praticati a Shuri, Tomari e Naha.

Itosu aveva a cuore, così come sarà in seguito anche per Funakoshi, i problemi dell’educazione nell’ambiente scolastico. Ed è proprio quest’ultima caratteristica a rendere Itosu una figura di spicco nel quadro dell’evoluzione storica del karate.

Nel 1901 Anko Itosu introdusse il karate come forma di educazione fisica nelle scuole elementari.

Questo accadde sei anni dopo la conclusione della prima guerra contro la Cina e tre anni prima della guerra contro la Russia. Lo spirito nazionalistico era fortemente sentito in tutta la nazione e questo fu di ispirazione per Itosu.

Nel 1904 egli guidò una dimostrazione davanti agli ispettori scolastici e agli insegnanti di educazione fisica.

Un anno dopo, nel 1905, il karate divenne parte del programma di educazione fisica delle scuole secondarie nell’intera provincia di Okinawa.

Itosu era convinto che l’introduzione del karate nel sistema scolastico locale poteva contribuire allo sforzo bellico generale (come succederà al kendo e al judo in Giappone dal 1911).

L’introduzione di un arte marziale come forma di educazione fisica per bambini in età scolare non fu certo compito facile.

Quello introdotto nelle scuole elementari era un karate adattato a scopi educativi. La forma tradizionale di allenamento venne infatti profondamente alterata(2).

Abbiamo visto in precedenza che tradizionalmente gli insegnamenti avvenivano in un clima di grande segretezza.

La nuova pedagogia di Itosu, al contrario, era invece finalizzata ad insegnare a grandi gruppi nelle scuole ed era ispirata dai metodi di formazione militare giapponese.

Se tradizionalmente l’allenamento avveniva in modo molto personalizzato, con pochissimi allievi formati individualmente dal maestro, la nuova metodologia vedeva il karate come mezzo di educazione fisica nelle scuole in cui un insegnante gridava comandi ad un numero decisamente elevato di studenti.

Al fine di adattare la pratica alla nuova metodologia, Itosu modificò il kata Naihanchi e creò i cinque kata Pinan (Heian) che sono tuttora insegnati in molti stili.

Itosu era inoltre convinto che il Karate, come praticato allora, fosse troppo pericoloso per essere insegnato ai bambini e iniziò così a camuffare le tecniche più rischiose. Non vennero trasmesse le tecniche sui punti vitali, le leve articolari, le tecniche di soffocamento e strangolamento.

Pare che Itosu abbia anche sostituito molti dei colpi più pericolosi (teisho, nukite, ecc…) con tecniche effettuate con la mano chiusa a pugno. Questo portò i bambini a beneficiare di un migliore stato di salute e disciplina senza essere esposti alle tecniche di combattimento più efficaci e pericolose contenute nei kata.

Quale risultato di queste modifiche, ai bambini veniva insegnato il kata come insieme prevalente di tecniche di parata e di colpi di pugno.

Tradizionalmente i kata erano utilizzati per allenare tecniche di combattimento reale. Con gli adattamenti per il sistema scolastico i kata divennero invece una forma di ginnastica e persero buona parte del loro significato marziale.

L’enfasi venne infatti spostata sullo sviluppo del benessere fisico attraverso la pratica di gruppo dei kata mentre non veniva più fornita istruzione relative alle applicazioni ad essi associate.

La necessità di impartire comandi verbali ad un elevato numero di persone si scontrava anche con l’assenza di terminologia.

Vennero allora adottate “etichette” (spesso volutamente fuorvianti) per descrivere le varie tecniche. Oggi è proprio la terminologia di Itosu ad essere comunemente usata nel mondo e la considerazione di quanto accadde in quel periodo è molto importante per comprendere le motivazioni per cui si adottò un certo tipo di terminologia.

Nell’approccio allo studio delle applicazioni dei kata è necessario ricordare che molti dei nomi allora assegnati ai vari movimenti non hanno alcun legame effettivo con le relative applicazioni in combattimento.

Termini come “parata crescente” o “parata esterna” derivano dal Karate insegnato ai bambini nelle scuole di Okinawa, non dall’arte dall’elevato potenziale combattivo insegnata agli adulti.
Lo stesso Itosu insegnava in modo profondamente diverso quando era a scuola con i bambini e quando, a casa sua, insegnava agli allievi adulti.

La pratica tradizionale prevedeva che si pervenisse allo studio del kata dopo aver compreso ed allenato le tecniche a due che rappresentavano le applicazioni reali dei gesti espressi nella pratica a solo.

Da quel momento nelle scuole divenne normale insegnare il kata come esercizio a se stante, senza praticarne mai le reali applicazioni che, pertanto, la maggior parte degli insegnanti delle generazioni future non avrebbero imparato (come avviene tuttora nella quasi totalità delle scuole di Karate di oggi) .

Ma Itosu, pur essendo un’autorità indiscussa, non era l’unico karateka di Okinawa e molti maestri non gradirono questi cambiamenti, specialmente coloro che avevano studiato insieme a lui sotto la guida di Matsumura.

Kenji Tokitsu riporta(3) la testimonianza di Kahō Sai, maestro di Okinawa poco più giovane di Itosu (era nato infatti nel 1849): «Il karate del maestro Sokon Matsumura è autentico. Ma quello di Itosu contiene moltissimi errori. Da quando Okinawa è stata integrata in una provincia del Giappone, il vero karate sembra essere scomparso. Gli adepti dello Shurite cominciano a praticare un karate sbagliato: non c’è nemmeno più di che discutere su cosa sia il karate».

È chiaro che il giudizio sul merito dell’operato di Itosu può variare a seconda della prospettiva e della cultura di ognuno. Una cosa è però innegabile: Itosu fu sicuramente un creatore ed un innovatore allo stesso tempo.

Itosu è spesso colpevolizzato per aver “smussato” il Karate a causa delle modifiche da lui introdotte, ma questa critica è grossolanamente ingiusta.

A quel tempo il Karate era essenzialmente un’arte per uccidere e se Itosu non si fosse fatto carico dell’introduzione nel Karate delle caratteristiche delle attività fisiche moderne – come già avvenuto nel caso del Judo e del Kendo – il Karate oggi sarebbe probabilmente scomparso.

Itosu non poteva certo aver idea che il suo “Karate per bambini” sarebbe diventato la più popolare arte marziale del mondo, e, pertanto, non avrebbe potuto immaginare quali profondi effetti avrebbero avuto le sue modifiche (e quelle di coloro che lo seguirono).

La maggior parte dei praticanti di Karate dei giorni d’oggi praticano l’arte nel “modo dei bambini” e non l’arte di combattimento utilitaristica e letale delle origini.

Se vogliamo essere storicamente corretti, dobbiamo riconoscere che fu lo stesso Itosu a stimolare i praticanti alla consapevolezza di queste differenze, quando scrisse, nel suo “Tode Jukun” (i “dieci precetti sul Tode”, documento scritto nel 1908 per portare all’attenzione dei ministri dell’Educazione e della Guerra le potenzialità del karate come contributo alla preparazione militare): «dovete decidere se il vostro kata è praticato per il mantenimento della salute o per l’utilizzo pratico in combattimento».

– FINE QUINTA PARTE –

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NOTE

(1) Choki Motobu – Watashi no Karate Jutsu – 1932

(2) Michael J. Rosenbaum – Comprehensive Karate – Neth Publishing 2008 – pagg. 22-23
Bruce D. Clayton – Shotokan’s Secrets: The Hidden Truths Behind Karate’s Fighting Origins – Black Belt Communications 2005 – pag. 60 e seguenti

(3) Kenji Tokitsu – Storia del Karate – Luni edizioni – Milano 1995 – pag. 62

 


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